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STARSLUGS - "The Rite and the Technique"

Un'idea kamikaze e suicida si trova dentro gli Starslugs: bombardare le orecchie degli ascoltatori fino a frammentarne qualsiasi punto di riferimento. Il Rito: trovarsi faccia a faccia in sala prove e vomitare le aberrazioni della modernità umana. La Tecnica: mettere a palla gli amplificatori, distorcere gli strumenti (basso, chitarra e voce) oltre la linea di tolleranza e rubare la beat/drums machine ai Suicide di vent'anni fa per far brillare dentro l'alta tensione. "The Rite and the Technique" raccoglie i precedenti EP del gruppo ("Gestalt X", "Fist", "Subhuman Cares") e descrive il feeling che corre tra Danilo Di Feliciantonio, Pierluigi Cacciatore e la Roland TR707.
Un flusso continuo come loop cibernetico e spaziale cavalca le nove tracce dell'autoproduzione: qualcosa puzza di cimitero e Cure quand'erano tre ragazzi immaginari ("Sense of Tragic", "Justice"), altro ancora viaggia con un carico pop pregno di deviata melodia ("Betamax", "Body Hammer") e c'è l'ispida, sincopata e malarica asprezza di una post tutto che non riconosce nessun genitore ("Nuke", "Uranus", "Mishima", "Willie"). L'effetto alla fine è talmente dirompente e rinfrancante che riporta alla mente l'anno domini 2004, quando un gruppo come i Death From Above 1979 (un duo anch'esso, guarda caso) pubblica l'unico full lenght "You're a Woman, I'm a Machine". Sembrano avere la stessa ideologia i nostri terroristi teramani, anche se, laddove si promuoveva una declinazione di disco music, trova qui un concetto assolutamente rock.
Fatevi un regalo: prenotate la vostra copia su www.starslugs.blogspot.com e regalatela a chi vi vuole bene. E se non basta andate a vedere gli Starslugs in giro per il Belpaese: li troverete sempre uguali e sempre diversi. D'altra parte la vita è un continuo cambiamento, in barba alla stasi della morte.
Eugenio Di Giacomantonio - Perkele.it


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Un chitarrista, un bassista ed un drum machine. Suoni davvero particolari che escono fuori dal punknoise degli Starslugs. Hanno prodotto 3 EP ed un LP di otto pezzi. Li siamo andati ad intervistare ad un loro concerto. Ecco a voi.

Come è nato il gruppo? Chi siete? Che fate?
Il gruppo è composto da Danilo “Felix” Di Feliciantonio e Pierluigi Cacciatore. Dopo vari anni di militanza in diversi gruppi musicali insieme, nel 2007, abbiamo dato vita al progetto Starslugs come esigenza di estrapolare qualcosa dalla musica che ascoltavamo in quel periodo. In cinque anni abbiamo fatto del lavoro costante, intervallato da momenti di pausa per impegni personali, che ha fruttato 3 EP, distribuiti in forma limitata o inviato a diverse etichette. Quest’anno abbiamo raccolto i nostri 5 anni in un LP di 8 pezzi che si intitola “The Rite and The Technique” e che abbiamo pubblicato autonomamente. Purtroppo, in questo arco di tempo, non siamo riusciti a dare una certa continuità al lavoro e ciò non ci ha permesso di crescere canonicamente come gruppo sotto alcuni aspetti, ma la nostra musica ha un’idea di fondo che sarebbe interessante approfondire.

Abbiamo notato nel vostro concerto che avete una strumentazione molto particolare, che fa uscire un sound sicuramente unico e ricercato.
(Felix) Abbiamo fatto della ricerca per trovare il sound che cercavamo. Come dice un nostro amico, Giustino Di Gregorio, che ha assistito a delle nostre performance, una delle nostre particolarità è fare una sorta di “operazione di riciclo” nel proporre la nostra idea musicale.  Io utilizzo della strumentazione datata, ad esempio un amplificatore degli inizi degli anni ’70 e altro materiale datato anni 70-80, come la famigerata drum machine Roland Tr707. Oggetti particolari per creare un suono particolare: questo è anche quello che ci differenzia da un bel po’ di altri gruppi in giro oggi.
(Pierluigi) Io per caso sono arrivato ad acquistare una distorsione noise da applicare al basso, l’ho acquistata da un amico che al periodo sperimentava noise ed abbiamo provato a creare un settaggio che potesse funzionare. Alla fine è stato divertente utilizzare strumenti  come basso, chitarra e drum machine, che sono fondamentalmente strumenti scarni, senza effettistica troppo sofisticata. Solamente piccole cose che funzionano alla perfezione.

Da cosa è stata ispirata la vostra musica?
Abbiamo subito molte influenze, sia a livello musicale, sia per quel che concerne il materiale letterario che costituisce i testi. Prendiamo molto spunto dal cinema, in particolare quello giapponese che ha ispirato i nostri primissimi lavori, dalla letteratura in genere e dal quotidiano. Ad esempio anni fa abbiamo fatto un pezzo su Yukio Mishima, uno scrittore che abbiamo letto e di cui ci interessano alcune sue particolari posizioni anticapitalistiche/anticonsumistiche, così come brani ispirati a fatti di cronaca e al tragicomico che i media riescono a tirare fuori da queste situazioni.

Negli ultimi otto pezzi che avete composto c’è una tematica portante?
No, non c’è una linea conduttrice nei testi, ma c’è una linea musicale uniforme e un’estetica abbastanza definita più che un filone portante. I testi trattano tematiche spesso lontane,  particolari, così come è anche particolare e diversificato il modo con cui approcciamo i testi e trattiamo un argomento. Ci piace avere un atteggiamento alla Steve Albini, quindi cercare di trattare con il massimo cinismo possibile qualsiasi argomento e trasformarlo in qualcosa di grottesco.

Personalmente,  quale disco vi ha più ispirato questo progetto?
(Felix) Personalmente il disco che più mi ha ispirato è Atomizer dei Big Black, un album che, appena sentito, mi ha fatto pensare : “ok, voglio provare a fare una cosa del genere! Ci voglio provare con i mezzi che ho, con le mie capacità, e voglio riuscirci”. Questo è stato il punto di partenza: ci sono voluti altri e numerosi altri ascolti di diverso genere per permettermi di svincolarmi un po’ da questo disco nel cercare un approccio personale a quello che gli Starslugs poi hanno espresso ed esprimono in maniera originale, o almeno credo.
(Perluigi) Io non vorrei parlare di influenze, né dare un nome su tutti. La musica mi è sempre piaciuta, come ristoro, come sentimento. Dopo un periodo in cui ho ascoltato hard rock – amo Van Halen – sono passato ad ascoltare house, hip pop, jazz, noise, ambient…qualsiasi cosa. Cerco quindi di riprendere l’attitudine a creare certe atmosfere, senza concentrarsi sui tecnicismi. Preferisco molto di più una comunicazione così, istintiva, rispetto ad altro.
(Intervista a cura di Matteo Canzari - CryRock)

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La cultura underground non cederà mai il passo, circolerà sempre tra le crepe del conformismo, sono le persone a cambiare, a trasformarsi in ciò che la società vuole da loro… Degni adepti di una ipotetica Associazione degli scudi (Mishima docet) di matrice musicale, i deviati Starslugs hanno sapientemente ramificato verso territori rumorosi il loro rock-punk tout court. Mossi da un’inconvertibile esigenza di sperimentazione il duo composto da Danilo Di Feliciantonio e Pierluigi Cacciatore, si sono edificati un’identità artistica a suo modo credibile e scevra da facili compromessi, riconoscibile nelle varie citazioni culturali di cui si fa tensione la loro musica, sempre insofferente al concetto di omogeneità. The rite and the technique è un universo sonoro che sposa in pieno le suggestioni provenienti dagli ambienti non solo musicali di qualche decade fa ma dal cinema, dalla letteratura, che rivelano una personalissima visione del concetto di degrado e apocalisse. Sotto questa luce, il lavoro degli Starslugs, è una fotografia ancora più impietosa e palpabilmente nevrotica dei tempi che corrono, proprio perché hanno maturato un’attenzione per i particolari che nell’atto musicale, si trasforma in ricerca esistenzialista e contemplativa. Niente sfugge al suo percorso viatico, le nove tracks in questione sono un insieme da adottare nell’ascolto ripetuto di questa perfetta colonna sonora per chiunque e de-situato dal contesto presente. Ah! La musica? Urgenza, droni, rumorismo, lentezza, ossessione, drum machine, no wave.. pronti per il Seppuku e non allineati alle danze grottesche , l’identità è quasi completa. Da supportare. (Maurizio Di Battista - The Ship Magazine)
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"Il rito ha i suoi tempi e le sue movenze, una serie codificata di gesti che si ripetono all'infinito, incastonando nel proprio mantra l'immutabilità della nostra misera condizione umana. La logica dell'identico che definisce se stessa, avvitandosi su parole e suoni sempre uguali. Il rito ha le sue tecniche, il cui scopo è quello di convincerci che non c'è niente da fare, che il cambiamento è l'utopia a cui rinunciare a priori se vogliamo diventare delle brave persone.

E “The rite and the technique”, LP che raccoglie i primi cinque anni di vita degli Starslugs, è un rito al contrario, che usa gli stessi mezzi di una qualsiasi funzione religiosa per una categorica e sistematica distruzione di ogni forma di perbenismo. Suoni e parole che, anziché aderire all'etica della rassegnazione, esplodono in un'irriverente miscela di industrial e proto-punk che rifiuta ogni regola. Non un crollo, non un incidente stradale, non uno sterminio di massa. Qualcosa di più simile a una rissa tra organi interni, tra stomaco e cuore e cervello, un fight club in un garage sotterraneo in cui si combatte a colpi di chitarre distorte e percussioni insistenti.

Come quelle che incendiano pezzi come “Sad sundays”,“Body hammer”o “Mishima”, in cui le sonorità di un punk ancestrale sono rivisitate e riviste attraverso la lente deformante di laceranti rumori metallici, frastuono di una jungla urbana. La voce strafottente e incazzata come nella migliore tradizione degli Stooges (tra i riferimenti impliciti della band) è l'urlo che arriva dalla stanza accanto, sommersa dal caos. In altri brani il ritmo si dilata nella lentezza prevista dalle danze sacre: succede così in quei due passaggi strumentali chiamati “Sense of tragic”, noise struggente, o “Uranus”, che confina con gli abissi scuri del drone.

Nutrito da un'urgenza che induce la band a ripetersi fino al fastidio, un delizioso fastidio che molesta orecchie e sentimenti, “The rite and the technique” è un gioiello sporco, cattivo e malato. La colonna sonora di un'imminente apocalisse con molti riti e nessuna salvezza." (Roberta D'Orazio - Rockit)
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" [...] infatti non è di certo convenzionalità che emerge da "The Rite and the Technique". Basta ascoltare la corrosiva "Sad Sundays", la rabbiosa "Betamax", l'ipnotica "Uranus" o l'esplosiva "Mishima " per togliersi ogni dubbio." (Paolo Marini - TeramoNews)

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